La pace è l’unica strada. Ogni volta che scorro il feed e vedo filmati di morte e distruzione penso che la vita umana valga più di qualsiasi calcolo geopolitico. Ma penso anche che siamo nell’era dell’informazione frastagliata, della verità mutilata. E delle false notizie.

I titoli corrono più veloci delle verifiche e la guerra nel Medio Oriente sta divorando la verità ancor prima di tutto. I frammenti di notizie che riceviamo lasciano voragini di contenuto e favoriscono slogan urlati al posto di analisi ponderate.

Nel “quieto Occidente” abbiamo il privilegio di poter aprire un libro, ascoltare voci diverse, rileggere la storia di un conflitto complesso anziché affidarci a post di 280 caratteri o a slogan preceduti da hashtag.

Quando leggo #FreePalestine penso che se da un lato il riconoscimento statale sia doveroso, dall’altro ignorare la questione di chi dovrebbe governare quel futuro Stato significhi aggirare il cuore del problema.

Pensiamo davvero che Hamas, un gruppo terroristico che basa il proprio potere sulla violenza, rinuncerà volontariamente al controllo? Senza un progetto politico credibile e condiviso a livello internazionale, il riconoscimento rischia di restare un simbolo vuoto. E controproducente. Non posso condividere l’idea di vedere lo Stato di Israele sbriciolato sotto i colpi di Hamas e dell’estremismo islamico. Perché di questo parliamo.

Ci vuole diplomazia, non tifoserie. L’unica via d’uscita passa per i negoziati reali, per le garanzie di sicurezza reciproca. Servono missioni di peacekeeping che tutelino civili israeliani (sì, perché spesso dimentichiamo che ci sono anche loro tra le vittime) e palestinesi. La partita che si gioca in Medio Oriente è decisiva per l’equilibrio globale: trascurarla o ridurla a slogan significa consegnare il futuro a nuovi cicli di odio.

Una settimana dopo la tragedia del sette ottobre, molte bandiere israeliane sono scomparse dai balconi. Al loro posto compaiono quelle palestinesi. Il dolore segue un’onda emotiva disturbante e devastante. Credo che spegnere i colori di Israele non aiuti la causa della coesistenza.

L’arcobaleno della bandiera che ho nel profilo ricorda a tutti un valore universale: la PACE. Vedere il blu e il bianco di Israele affiancati al verde, bianco, rosso e nero di Palestina è un segnale di vita.

Per questo la mia foto profilo porta la bandiera della pace.

Difendo la dignità di ogni persona, oltre le appartenenze.

Rifiuto l’informazione semplificata che trasforma tragedie in hashtag.

Sostengo la diplomazia come unica arma capace di fermare l’odio.

Lo so bene: cambiare un’immagine profilo non ferma i missili, ma può servire a ricordarci, ogni giorno, da che parte vogliamo stare: e io sto dalla parte della vita, della verità e di una pace costruita insieme.

By Giovanni Villino

Giornalista professionista e siciliano creativo. Redattore del Giornale di Sicilia on line. Già supervisore editoriale e vicecoordinatore di redazione di Tgs, Telegiornale di Sicilia. Appassionato di social media e sostenitore del citizen journalism.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *