Fino a ieri ho discusso con diverse persone sulla serie di episodi di violenza ed efferatezza che sono avvenuti in questo periodo in Italia, e non solo. Uno dei passaggi comuni di queste riflessioni è: la colpa è anche di voi giornalisti che date spazio a queste notizie. Tanto si sa cosa pensate: una brutta notizia, è una buona notizia per il giornalista.

Ho ascoltato e riflettuto. E, ancora una volta, mi è tornata in mente la storiella del saggio che indica la luna e lo stolto che si ferma a osservare il dito. Che intendo? Presto detto.

Ho pensato, innanzitutto, al modo in cui si fa informazione: dalle parole usate alle immagini, per arrivare ai toni. È vero, alle volte, soprattutto nei programmi di infotainment, può essere che si sia valicato quel confine tra cronaca e narrazione tossica. È anche vero che noi giornalisti abbiamo un compito delicato, essenziale, nell’informare il pubblico su fatti significativi. Questo va fatto sempre evitando frasi fatte, stucchevoli, retoriche. E non alimentando il meccanismo perverso che cavalca e spettacolarizza il dolore. Ma deve essere chiaro un aspetto: tutto si può mettere in discussione ma non il diritto dei cittadini a essere informati su ciò che accade. Anzi, dare notizie di violenze, omicidi e reati in genere può essere essenziale per favorire una maggiore consapevolezza sociale, e non solo, su questi temi.

Il problema è un altro. Oggi c’è un fenomeno che non possiamo derubricare a secondario. Mi riferisco all’emulazione dei reati attraverso i social media. Un terreno fertile per la diffusione di comportamenti illegali e pericolosi, spesso causati dall’effetto domino delle interazioni virtuali. Dal consenso che si riceve in rete.

Un effetto domino alimentato dalla visibilità immediata attraverso la condivisione di contenuti, purtroppo anche multimediali, e dall’effetto di normalizzazione che deriva dalla diffusione di comportamenti criminali online.

A questo si aggiunge un senso di impunità diffuso. Il vero pericolo per la nostra folle società è oggi la viralità digitale, una spirale pericolosa. Ma anche qui diventa un problema intervenire.

Non ci sono rimedi nel breve termine. Un fatto, però, deve essere chiaro. Continuare a scrivere di violenze attraverso i giornali non significa alimentare flussi e spirali. Ma aumentare una consapevolezza oggi sopita dagli stessi social che stanno normalizzando ciò che normale non è.

Foto generata con AI con tecnologia DALL-E3

By Giovanni Villino

Giornalista professionista e siciliano creativo. Supervisore editoriale e vicecoordinatore di redazione di Tgs, Telegiornale di Sicilia. Appassionato di social media e sostenitore del citizen journalism.

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