Nessuna condivisione, nessun post. Poche reazioni. Una scelta obbligata. Una fase di consapevolezza social che già in passato aveva fatto capolino in me e che in questo ultimo periodo mi ha imposto una sosta.

Che succede? In questi giorni la timeline di Facebook mi ha proposto diversi post. Tra questi alcuni parlavano di vita e di esperienze di vario genere, altri condividevano articoli includendo commenti e critiche, altri ancora parlavano di morte e condoglianze.

Ho sempre visto i social come una piazza in cui incontri e ti confronti, per buona parte, con persone che conosci nella vita reale. Ci sono stati alcuni episodi di lutto che mi hanno spinto a non condividere nulla di leggero per rispetto alla sensibilità altrui.

Se c’è chi utilizza i social per comunicare in modo più ampio la notizia della perdita agli amici, alla famiglia e alla rete di conoscenze, c’è anche chi lo fa per ricevere conforto, supporto e messaggi di condoglianze. Alcune persone sembrano trovare un beneficio nell’esprimere il proprio dolore sui social e nel leggere le reazioni.

Eppure basta scorrere la timeline per trovare altro che sembra totalmente ignorare il post precedente.

Penso che la combinazione di post positivi e notizie di morti su Facebook possa creare un’esperienza emotiva distruttiva. Mentre le notizie positive possono suscitare gioia e ilarità, le condoglianze generano tristezza e compassione.

La frequente esposizione a queste notizie contrastanti potrebbe, a mio parere, portare a una desensibilizzazione emotiva, compromettendo anche la nostra capacità di provare empatia in modo genuino.

Faccio appello agli esperti e a chi ha competenze psicologiche: siamo di fronte a un rischio concreto per quello che riguarda la nostra empatia?

Immagine generata con AI con tecnologia DALL-E3

By Giovanni Villino

Giornalista professionista e siciliano creativo. Supervisore editoriale e vicecoordinatore di redazione di Tgs, Telegiornale di Sicilia. Appassionato di social media e sostenitore del citizen journalism.

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