Ci sono incontri che non si limitano a esistere nel tempo ma che sembrano scardinare le coordinate ordinarie della realtà. E lo fanno per farti entrare in una dimensione altra, sospesa, dove tutto trova un senso più profondo. Quello di ieri, a Palazzo del Poeta, è stato un momento di comunione, di ascolto e di verità condivise.
Artefice di questo pomeriggio magico è stata Rosa Di Stefano. Ho avuto l’onore di conoscerla quasi vent’anni fa. La sento amica, è collega giornalista. Ma ancora di più, oltre alla sua attività professionale nell’universo della ricettività, Rosa è una raffinata imprenditrice di cultura. È una figura assai rara in questa nostra Isola dei giardini. In lei l’arte non si riduce mai a mezzo ma si eleva a fine ultimo dell’esistenza. In lei la cultura non è strumento di rappresentazione ma un atto generativo, una forma di conoscenza e di bellezza. Mi è bastato vedere come è stata in grado di dare forma a un evento, spesso troppo abusato, come la presentazione di un libro.

E credetemi: la capacità di Rosa di concepire e realizzare progetti non nasce da un calcolo ma da una vocazione profonda, da un sentire che fa dell’incontro tra le persone e delle idee un’opera d’arte in sé. E in questo senso a dare forza alle mie parole può essere, per voi che mi leggete, una visita al Palazzo del Poeta di Palermo.
Rosa non “utilizza” la cultura ma la abita, la plasma e, come accaduto ieri per me, la fa accadere. In ogni suo gesto c’è la consapevolezza che l’arte non serve a spiegare il mondo ma a trasfiguralo, restituendo quella sacralità che il nostro tempo sembra avere smarrito.
E così ieri sono stato parte attiva di un atto alchemico in cui a fondere sono state le parole e i silenzi, le storie e i sentimenti. Il tutto trasformato in qualcosa di luminoso e armonico. Rosa ha mescolato, come in un antico crogiuolo, amicizia, memoria e bellezza e ne ha tratto un’essenza pura: quella della connessione umana autentica, quella che accade quando le anime si riconoscono.
Ha fatto vibrare le corde più profonde di chi era presente, unendo le nostre vite in un’unica melodia. La sua voce, il suo modo di raccontare e la sua presenza elegante e potente hanno reso possibile un miracolo semplice: far sentire ognuno parte di una storia comune. Una magia discreta che non impone ma avvolge.
È vero quando da lei scritto in un post: «È stato un incontro tra anime affini, legate da stima, affetto, percezioni di vita che si somigliano». In un’epoca in cui le relazioni si consumano in fretta, in cui spesso ci si limita a sfiorarsi, ieri è accaduto qualcosa di raro: ci siamo davvero incontrati.
A “Un Tè con l’autore” a brillare è stato un cerchio. Un cerchio di storie, di sguardi e di affetti. Un luogo in cui la parola è tornata ad avere peso, corpo e verità. La presentazione di Negare il bene si è trasformata in un rito di passaggio, un laboratorio dell’anima in cui il racconto ha rivelato le sue radici più profonde: quelle dell’uomo, prima ancora che dello scrittore.
Un ringraziamento pieno di stima e affetto va a Salvo Ricco, collega e amico di sempre. Vent’anni di giornalismo condiviso, di strade incrociate, di esperienze che ci hanno resi parte dello stesso cammino.
Salvo ha saputo presentare il romanzo con quella sua consueta eleganza d’animo, riuscendo a cogliere il filo invisibile che lega la cronaca alla vita, la verità ai sentimenti, la parola al silenzio.

Un grazie sincero anche a Agnese La Bella, talento limpido e profondo, che porta con sé una voce nuova e già riconoscibile. La sua capacità di leggere tra le righe, di intuire le sfumature, di respirare la sostanza delle storie fa di lei una presenza preziosa nel panorama culturale contemporaneo. Sono certo che il suo nome continuerà a brillare a latitudini sempre più alte dove la cultura saprà riconoscere il valore dell’autenticità.

E grazie a Alessandro Cassata, per la sua interpretazione intensa e vibrante di alcuni brani del mio libro. A tratti è stato come ascoltare il romanzo per la prima volta, da fuori, come se non fosse più solo mio ma appartenesse a tutti.

A tutte le persone presenti, ai tanti volti che mi hanno donato un sorriso, uno sguardo, una parola gentile, va la mia riconoscenza. Ogni presenza è stata una carezza per il cuore, la conferma che la scrittura, da sola, non basta: ha bisogno di occhi che leggano, di cuori che sentano, di voci che risuonino.
E poi c’è Alessandra. A lei, mia moglie, il mio amore e la mia riconoscenza più profonda. La sua presenza non è mai solo compagnia ma è fondamento, equilibrio e respiro. È la parte luminosa di ogni mia ombra, la custode silenziosa del mio caos, e non solo quello creativo. Grazie a lei, ogni parola trova il suo senso, ogni giorno la sua magia.
Ieri, a Palazzo del Poeta, è accaduto qualcosa che va oltre la letteratura, oltre il libro, oltre le parole: è accaduto un incontro di anime. Un intreccio di destini e di sguardi che ha reso possibile ciò che, in fondo, cerchiamo tutti: riconoscerci. Forse è questa la vera alchimia, quella che trasforma un evento in esperienza, una presentazione in memoria, una storia in luce. E in quella luce, per un istante, ci siamo ritrovati tutti.
