«Sono in cielo ma non vedo nessun Dio». Le prime parole di Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio, sono rimaste scolpite nella storia come un simbolo dell’ateismo sovietico. Ma secondo alcuni, nascondevano un omaggio: «Ringrazio Fedorov e il Cosmismo se sono qui». Una frase che oggi, a distanza di più di sessant’anni, torna a vibrare di un significato inatteso. Soprattutto se pensiamo a quella conversazione, ormai cancellata dal web, tra Putin e Xi Jinping, in cui il leader del Cremlino parlava di trapianti, ringiovanimenti e persino di immortalità. A ispirarmi in questa riflessione è stato l’articolo di Paolo Valentino sul Corriere della Sera.

Quando la scienza voleva sconfiggere la morte

Mettete insieme filosofia, scienza e mistica e otterrete uno dei movimenti più affascinanti (e inquietanti) dell’Unione Sovietica: il Cosmismo russo. Nato alla fine dell’Ottocento dalle idee di Georgy Fedorov, il Cosmismo sosteneva che l’uomo potesse sconfiggere la morte grazie al progresso scientifico. La resurrezione non come miracolo divino, ma come conquista dell’“Uomo nuovo”, il proletario della rivoluzione. Il Cosmismo immaginava un futuro in cui la scienza avrebbe riportato in vita gli antenati e colonizzato il cosmo per ospitarli. Non a caso, Aelita, la regina di Marte (1924), primo film di fantascienza sovietico, ne fu il manifesto estetico e ideologico.

Molti intellettuali aderirono a quella visione che univa tecnologia e fede socialista. L’idea di immortalità collettiva trovò eco persino nella mummificazione di Lenin, considerato in attesa della resurrezione scientifica. E quando Gagarin, nel 1961, dall’orbita terrestre disse di non vedere nessun Dio, stava di fatto proclamando il trionfo dell’uomo sulla trascendenza: la scienza come unica divinità.

Il ritorno del sogno

Oggi il Cosmismo sembra riaffiorare, nascosto sotto la patina tecnologica della Russia di Putin. L’ossessione per la longevità, per la vita eterna, per la scienza come strumento di dominio non è un capriccio personale, ma la prosecuzione, seppure in parte deformata, di quella vecchia pulsione ideologica. Fedorov vedeva nella resurrezione il compimento dell’uguaglianza socialista; Putin la traduce in immortalità del potere. La differenza è sottile ma sostanziale: l’Uomo nuovo che salva l’umanità è diventato l’Uomo solo che vuole salvare sé stesso. La conversazione di Pechino con Xi Jinping non è quindi un episodio bizzarro, ma un frammento di una lunga ossessione russa: sfidare Dio per vincere la morte. Non a caso, tra i progetti di ricerca sulla longevità più finanziati c’è quello diretto da Maria Vorontsova, figlia di Putin, endocrinologa e azionista di un grande gruppo biomedico. Siamo forse di fronte alla scienza al servizio della dinastia, biologia come nuova ideologia?

Dal cielo al laboratorio

L’Unione Sovietica aveva trovato la sua mitologia nella corsa allo spazio. La Russia contemporanea la cerca nei laboratori che promettono di fermare il tempo. Il cerchio si chiude: il sogno cosmista di un’umanità immortale si è per alcuni ristretto al desiderio di un solo uomo di non finire mai. E chissà, forse Gagarin, da qualche punto del cosmo, sorriderebbe amaro sentendo riecheggiare le sue parole:
«Sono in cielo ma non vedo nessun Dio».

Al di là delle ossessioni e delle ambizioni, in Putin resta comunque la fede nella scienza come forza capace di trasformare il destino umano. È un’eredità antica che affonda nel cuore del pensiero russo: la convinzione che l’uomo possa migliorarsi, spingersi oltre i propri limiti, cercare nell’infinito del cosmo e della conoscenza una forma di trascendenza laica. Un sogno che, se liberato dal potere, potrebbe ancora parlare di progresso e speranza.

By Giovanni Villino

Giornalista professionista con un’anima tech e una vocazione per l’innovazione nei media. Laureato in Filosofia, da oltre vent’anni lavora nel mondo dell’informazione, raccontando la società e i suoi cambiamenti con attenzione al linguaggio e alle nuove tecnologie. Redattore del Giornale di Sicilia on line. Già supervisore editoriale e vicecoordinatore di redazione di Tgs, Telegiornale di Sicilia.

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